Parola alla vet

Piante tossiche per i gatti

La possibilità che alcune piante possano costituire un pericolo nei gatti non è così ben documentata dalla letteratura scientifica come per altre specie animali. La nota positiva è che, in generale, l’incidenza di avvelenamenti nel gatto rimane un incidente piuttosto raro, nonostante la predisposizione di quest’ultimo a masticare di tanto in tanto qualche foglia o qualche fiore che orna la nostra casa o il nostro giardino. Tuttavia, gli avvelenamenti da piante tossiche anche se rari son possibili, pertanto sarà necessario conoscere le circostanze in cui avvengono e attuare di conseguenza qualche piccolo accorgimento per prevenire ed evitare il peggio.

Innanzitutto, come proprietari bisogna tenere a mente che non tutti i gatti sono uguali: l’attitudine a masticare le piante è più frequente nei cuccioli durante il periodo della dentizione o in animali che trascorrono gran parte della giornata in casa e potrebbero per noia masticare piante alla loro portata. Quindi uno dei primi consigli è quello di fare attenzione ai cuccioli che stanno attraversando questa fase (dal 3°/4° mese fino al 6°/7° circa) e di proporre sempre, a tutte le età, attività ludiche e creare un ambiente casalingo a “misura di gatto”, in modo da evitare che il nostro beniamino non inizi a soffrir di noia.

Generalmente molte piante non sono tossiche se ingerite in piccole quantità ad eccezione di alcune quali l’Oleandro, il Ricino, il Tasso e il Bosso.

Se il vostro gatto esce regolarmente può essere più facilmente esposto a diverse piante che ornano soprattutto i nostri giardini. Avendo però una valvola di sfogo così importante, difficilmente sarà spinto ad assaggiare qualche pianta, fiore o radice.

In ogni caso vediamo in ordine di importanza una serie di piante altamente tossiche (talvolta anche per noi uomini!) che meritano la nostra attenzione e che, a scopo precauzionale, sarebbe meglio evitare di avere in giardino se abbiamo un gatto.

 

L’oleandro (Nerium oleander) è una pianta diffusa in tutta Italia e tutte le sue parti (foglie, radici e fiori) risultano essere tossiche, in particolare le foglie poche delle quali, frammiste al foraggio o macerate nell’acqua da bere, possono provocare vomito, diarrea e infine morte per blocco cardiaco.

 

 

 

 

Il tasso (Taxus baccata), appartenente alla famiglia delle Taxaceae, è un arbusto molto comune nei parchi e nei giardini che, in alcune regioni, cresce allo stato selvatico. Anche se è una delle piante più pericolose per i gatti e cani in generale, fortunatamente è poco riportata l’intossicazione. I principi tossici sono degli alcaloidi contenuti nei semi dei frutti rossi, nelle foglie aghiformi sempre verdi, nella corteccia e nel legno. L’intossicazione si manifesta perché il gatto inizia ed essere agitato e irrequieto, presenta tremori muscolari a cui segue uno stato di depressione e una diminuzione della frequenza respiratori. Molto spesso gli animali muoiono senza presentare alcun sintomo.

 

 

La mimosa giapponese (Alibizia julibrissin) è una pianta appartenente alla famiglia delle Leguminose, utilizzata a scopo decorativo in giardini e parchi che può raggiungere le dimensioni di un albero. I gatti che ne ingeriscono i semi possono presentare sintomi quali vomito, mal di pancia e diarrea sanguinolenta, aumento della frequenza cardiaca e convulsioni.

 

 

 

Il bosso (Boxus semperivirens) appartenente alla famiglia delle Buxaceae, è una pianta cespugliosa molto utilizzata nella composizione di aiuole, viali e giardini mentre il rododendro (Rhododendron ferrugineum) appartenente alla famiglia delle Ericacee, è una pianta molto utilizzata a scopo ornamentale soprattutto in giardino in quanto raggiungono grossi dimensioni. L’intossicazione da parte di quest’ultime è molto rara nel gatto e di lieve entità.

Bosso                                                                                                                                       

Rododendro

Meritano un discorso interessante tutti i fiori che ornano i nostri parchi e giardini o come composizioni floreali che per la bellezza e talvolta il profumo dei fiori possono risultare pericolosi per i gatti. In particolar modo meritano una menzione tutti i fiori appartenenti al genere Lilium, i narcisi e i tulipani.

Del genere Lilium esistono diverse varietà tutte ampiamente utilizzate per la decorazione di giardini, terrazzi, appartamenti per l’eleganza e il profumo dei fiori. Poche foglie o un fiore soltanto rappresentano un pericolo per i gatti, che risultano essere la più sensibile fra le specie domestiche. In particolare, nella specie felina l’estratto acquoso di fiori foglie e fiori di lilium verdi risulta tossico per rene e pancreas. I sintomi compaiono entro le 24 ore dalla ingestione e comprendono vomito, depressione, aumento della frequenza di urinazione e aumento della sete. In caso di intossicazione è fondamentale essere tempestivi e agire entro le prime due ore dall’ingestione del vegetale.

Il narciso (Narcissus ssp.) è una pianta ornamentale con fiori bianchi o gialli, appartenente alla famiglia delle Amarylliidaceae. In questo caso è il cane che rappresenta la specie più frequentemente intossicata e più sensibile, tuttavia l’avvelenamento può verificarsi anche nel gatto. Le parti più tossiche risultano essere i bulbi e in minor misura le foglie. La sintomatologia insorge molto rapidamente e comprende vomito, diarrea, dolori addominali, salivazione profusa e difficoltà nell’alimentarsi.

 

Il tulipano (Tulipa ibrida) appartenente alla famiglia delle liliacee è una pianta ornamentale molto conosciuta che produce fiori di colori diversi, anche in questo caso la sintomatologia e prevalentemente a carico dell’apparato gastroenterico.

 

 

 

L’iris (Iris sibirica) è una pianta ornamentale da giardino, appartenente alla famiglia delle Iridaceae, che da fiori di colore viola giallo o bianco. Le sostanze tossiche presenti all’interno contenuti nei bulbi sono irritanti e purganti e talvolta può manifestarsi diarrea emorragica.

 

 

 

L’amarillide (Hippeastrum ibrido) è una pianta ornamentale appartenente alla famiglia delle Amaracidaea che produce fiori di colore rosso vermiglio. Le sostanze tossiche sono presenti nei bulbi la sintomatologia è riconducibile a una gastroenterite.

 

 

 

 

Per quanto riguarda le piante ornamentali da interni, queste possiamo decidere di non tenerle o semplicemente, se proprio non possiamo farne a meno, evitare che il nostro gatto ne ingerisca gradi quantità.

La diffenbachia (Diffenbacchia picta) appartiene alla famiglia Araceae, presenta grandi foglie ellittiche di colore verde screziate di bianco ed è molto utilizzata sia per la decorazione di uffici che di ambienti domestici. Sono tossiche le radicile foglie e soprattutto il fusto nel quale è presente un succo molto irritante poiché ricco di ossalati di calcio. I primi sintomi possono comprendere irritazione delle mucose che causano dolori alla bocca, salivazione profusa e difficoltà ad alimentarsi. Successivamente il rene e l’apparato respiratorio può essere compromesso. Inutile dire che hai primi sintomi bisogna correre dal medico veterinario.

 

Un’altra pianta appartenente alla stessa famiglia della diffenbachia e spesso protagonista di intossicazioni letali nel gatto è il filodendro (Philodendron scadens). Le parti pericolose della pianta sono rappresentate dal fusto e dai piccioli delle foglie. Anche in questo caso i sintomi principali sono a carico della bocca, in particolar modo lingua, ed è sempre convolto anche l’apparato respiratorio e danni al rene.

 

 

La monstera (Monstera deliciosa) è una pianta appartenente alla stessa famiglia delle due illustrate precedentemente ed è denominata anche Philodendron pertusum a causa dei buchi che compaiono sulle foglie più grandi. Molto utilizzata per la decorazione di appartamenti ed uffici può raggiungere anche grosse dimensioni e le parti che possono risultare pericolose sono le foglie e gli steli che contengono un lattice irritante. Per contatto diretto causa irritazione e dermatite.

 

 

Il croton (Codiaceum variegatum) è una pianta ornamentale da interni con foglie molto variegate appartenente alla famiglia delle Euphorbiaceae. Il fusto e le foglie contengono un lattice ricco di ossalato di calcio che è caustico e vescicante al contatto. Inoltre, i semi contengono una tossina che può provocare coliche, diarrea sanguinolenta e vomito.

 

 

 

L’azalea (Rhododendron simisii) appartenente alla famiglia delle Ericacee, è una pianta con fiori di vari colori molto utilizzata a scopo ornamentale negli appartamenti. Le parti tossiche sono rappresentate dalle foglie ricche di una tossina in grado di causare abbattimento, mancata voglia di mangiare, salivazione, vomito, coliche, difficoltà a defecare, tachipnea seguita da bradipnea (= respiri meno frequenti al minuto).

 

 

Il ficus (ficus elastica) è una pianta appartenente alle Morace, con foglie ovali di colore verde brillante è molto diffuso a scopo ornamentale sia in ambienti chiusi che in giardini dove può raggiungere anche le dimensioni di un albero. I principi tossici, presenti nel fusto e nelle foglie, sono costituiti da sostanze simili al lattice che provocano sintomi quali vomito, diarrea e vescicole.

 

 

 

Alcune piante vengono utilizzate a scopo decorativo solo in determinati periodi dell’anno e la più famosa è sicuramente la stella di Natale assieme al vischio e l’agrifoglio.

La stella di Natale (Euphorbia pulcherrima) appartiene alla famiglia delle Euphorbiaceae. Le foglie, il fustoe anche minor misura le brattee rosse possono risultare pericolose a causa di un lattice ricco di terpeni in grado di causare per contatto diretto con gli occhi lacrimazione, difficoltà a tenere aperto l’occhio, congiuntiviti, cheratiti e più raramente può provocare dermatite, salivazione e dolore addominale.

 

 

Il vischio (viscum album) appartiene alla famiglia delle Viscaceae e rappresenta una pianta parassita che cresce sulla sommità di molti alberi. Le foglie e gli steli contengono alcaloidi glucosidi, saponine e tossine, chiamate viscotossine, che agiscono sul cuore e sul sistema nervoso. I sintomi principalmente sono vomito, diarrea e salivazione, difficoltà a camminare, pupille dilatate e debolezza generalizzata. In corso di avvelenamento da vischio necessario essere molto tempestivi.

 

 

 

Per quanto riguarda l’agrifoglio (ilex aquifolium) non sono riportati episodi di intossicazione nel gatto, al contrario del cane in cui l’avvelenamento è frequente.

 

 

 

 

Infine, è bene ricordare tutte le piante e prodotti vegetali che utilizziamo tutti i giorni in cucina per la nostra alimentazione e di conseguenza anche tutti i “bocconcini” che allunghiamo per compiacere il nostro micio e che inavvertitamente possono contenere sostanze tossiche per loro.

La cipolla (Allium cepa), l’aglio (allium sativum) e scalogno (Allium cepa var. aggregatum) re dei soffritti e preparazioni varie rappresenta un alimento molto comune nella nostra. Tuttavia, talvolta è possibile, soprattutto in caso di un’alimentazione domestica, che vengano somministrate piccole quantità in maniera continuativa al gatto. Questo è dannoso a lungo termine perché causa anemia, più grave nel gatto che nel cane.

La maggior parte degli alberi di frutta quali il ciliegio, l’albicocco, il pesco, il melo, il pero e il pruno i cui frutti possono occasionalmente rappresentare un rischio per gli animali domestici che giocando potrebbero ingerire i semi in essi contenuti. Infatti, i semi delle mele, i noccioli della frutta o le foglie di alcuni alberi risultano tossici perché contengono glucosidi cianogenetici e gli effetti tossici si manifestano entro pochi minuti dall’ingestione e comprendo uno tremori, difficoltà a respirare e convulsioni.

Il frutto della pianta del cacao (Theobroma cacao) così come il cioccolato, soprattutto fondente, contiene un principio tossico devo nominato teobromina la cui azione si esplica carico del muscolo cardiaco. In realtà i gatti son poco esposti a questo composto perché difficilmente attratti e meno sensibili rispetto ai cani.

Nel caso di manifestazioni di intossicazione illustrate o sospetti è sempre fondamentale recarsi in modo tempestivo dal proprio medico veterinario e non aspettare che i sintomi evolvano in qualcosa di peggiore.

 

Bibliografia:
– Tossicologia veterinaria (Menegozzi, Soldani; 2010)
– Veterinary toxicology: basic and clinical principles (Gupta;2007)

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